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Il
Meteorologo
Da
prima che
l’essere umano fosse anche solo una mera creatura rudimentale, priva
dei
più elementari barlumi di intelletto, da prima che la Terra
fosse
un luogo adatto al proliferare delle più impensabili e
meravigliose
forme di vita, da prima che l’immane energia che pervade l’Universo
cominciasse
a dar forza al movimento d’ogni corpo celeste - il creato, l’infinito
che
si manifesta nell’immensità della Natura dettava i propri
imperituri
ritmi vitali scaturiti dall’inconcepibile favilla primeva e perenne,
scandendo
l’esistenza delle cose con le proprie perfette euritmie
spazio-temporali
sì da influenzare qualsiasi bioritmo esistente e sì che
nessuno
di questi ne sapesse alterare e infestare il moto purissimo. E quando
sul
pianeta Terra l'uomo cominciò a disporre dei necessari strumenti
intellettivi
per comprendere e interpretare tali preziosissimi ritmi vitali, la
Natura
seppe dolcemente imporre quell’inusitata armonia rivelandola a guisa di
prima legge fondamentale per la vita in evoluzione: l’esistenza degli
esseri
umani – in quanto creature più capaci d’altre d’intendere questi
fenomeni – ebbe le sue prime regole per le quotidiane attività,
e l’uomo intese finalmente come attorno a sé tutto accadeva non
per bizzarre e anomale casualità ma in forza di perfettissimi
meccanismi
che nella loro profonda e basilare essenza andavano oltre ogni
più
avanzata capacità cognitiva scientifica: la notte ed il giorno,
il moto degli astri, il susseguirsi delle stagioni, dei fenomeni
naturali
e di quelli atmosferici.
Anche
le genti
che abitavano i villaggi sulle pendici e nelle vallate della Grande
Montagna
avevano acquisito, nei secoli, tale arte veramente nobile, che ancora
oggi
ritmava gran parte delle attività umane ai piedi delle
immacolate
vette ghiacciate, ed era ben difficile che le previsioni sull’andamento
del tempo che a sera si sentivano pronunciate nei discorsi dei
valligiani
per le vie dei borghi si dimostrassero fallaci.
Si
diffuse
dunque la notizia che, a breve, su un colle che s’innalzava da una
dorsale
del massiccio posto in posizione dominante sopra uno dei paesi ai piedi
della Grande Montagna sarebbe stato aperto un modernissimo osservatorio
meteorologico – una costruzione in cemento armato sulla cui copertura
campeggiava
una grossa antenna di ricezione dei messaggi trasmessi da satelliti
artificiali
in orbita terrestre - messaggi poi elaborati con i più moderni e
potenti computers così da emettere – ad uso non solo dei
fruitori
delle zone montane ma anche del resto del paese - precisissime e
indiscutibili
previsioni del tempo, che poi i mass-media avrebbero diffuso a
chiunque.
A dirigere il tutto, impiantandosi nel villaggio in una moderna
costruzione
posta giusto nel centro del borgo, doveva arrivare tale Professor
Santer,
assai esimio e pluriosannato scienziato di fama, figlio di una delle
più
ricche e potenti famiglie della pianura, politico da tempo e abbastanza
antipatico da risultare indigesto anche a molti dei suoi collaboratori;
basso e tarchiato, dalla canizie incipiente ma non così anziano
– eppur nell’aspetto piuttosto simile ad un grosso nano pluricentenario
dalle cui labbra sempre fumigava un sigaro dall’olezzo nauseabondo,
egli
era il classico uomo di potere che ben conosceva i canali giusti per
giungere
ovunque necessitava l’obiettivo che perseguiva e si prefiggeva, e di
lì
ottenerne tutti gli utili e inutili vantaggi correlati: per questo,
quando
giunse al villaggio con gran seguito di auto e relativi personaggi
apparentemente
senza scopo – “leccapiedi” già sentenziavano le donne
nell’osservare
il piccolo corteo - per tenere la conferenza stampa inaugurale del
progetto,
già da tempo i valligiani vociferavano che quella orribile
struttura
appena sopra il paese, con le sue antenne e tutti quegli strani
strumenti,
non serviva soltanto per fornire un presunto infallibile servizio di
previsioni
meteorologiche, ma anche aveva il non secondario compito – anzi… - di
giustificare
abbondanti finanziamenti dalle strutture di governo: che poi questi
lauti
emolumenti servissero per la ricerca oppure per altre cose, forse anche
più personali, alla gente comune non era dato di sapere.
Così
tra il mugugnare degli abitanti del piccolo villaggio il centro di
osservazioni
e previsioni meteorologiche del professor Santer cominciò
l’attività,
con gran sbandieramento elegiaco sui mass-media e con le apologie
dall’establishement
scientifico e dalla classe politica, quale prezioso fiore all’occhiello
della tecnologia e del progresso umano nei confronti della orribile
brutalità
delle forze naturali – e nel frattempo i bambini del villaggio si
divertivano
a buttare le carte delle caramelle nella cassetta postale della villa
del
novello Eolo, che già le madri presentavano ai piccoli come il
degno
sostituto dell’uomo nero, o simile personaggio da incubo
infantile…
In effetti i valligiani sempre meno riuscivano a sopportarlo, e
certamente
egli non compiva alcun gesto pur semplice per farsi apprezzare,
mantenendo
sempre quell’aria di superiorità e di onnipotenza nei confronti
dei “rozzi” montanari; peraltro nessun “buongiorno” si poteva vedere
dal
mattino, dacché all’ora presta la sua salita al centro sopra il
villaggio veniva annunciata dal maleodorante rombare del proprio
fuoristrada
– che poi mai egli guidava, da buon luminare meritevole d’un
altrettanto
buon autista – che puntualmente rompeva il solito soave incantesimo che
l’istante antelucano poneva idillicamente sulla vallata; per di
più,
prese a far affiggere su una bacheca appositamente installata in centro
al borgo i rapporti quotidiani che il centro stilava sulle previsioni
del
tempo – a guisa di guanto di sfida gettato al volgo e a voler dire allo
stesso del villaggio: …ammirate la perfezione e l’infallibilità
della più avanzata tecnologia umana, voi poveri che ancora vi
affidate
alle vostre buffe credenze per poter prevedere l’andamento del tempo…!…
Dunque
giunse
l’inizio di Settembre – il principio della disfida - quando il
professore-scienziato
illuminato da dio previde un anticipato inizio delle nevicate, ed
almeno
due o tre giorni di freddo intenso: la notizia venne riportata dai
giornali
radio-televisivi, che naturalmente, ne fecero il consueto
semi-dramma,
con avvertimenti in pompa magna quasi stesse per iniziare una nuova
glaciazione.
Poteva essere, già erano accadute in passato inusitate nevicate
assolutamente fuori stagione… La notizia, naturalmente, venne affissa
con
caratteri grafici ben marcati nella bacheca al centro del borgo;
eppure,
al villaggio, la gente alzava gli occhi verso il cielo azzurro e mite,
guardava sui prati, mirava i cardi aperti, i ragni che, tranquilli,
tessevano
le proprie ragnatele, le vette della montagna libere da nubi… Qualcuno
tornava a rileggere il comunicato in bacheca, e ritornava ad osservare
la gioiosità dei cardi nei prati ancora ben virenti ed ogni
altra
cosa: l’ambasciata inequivocabile di Madre Natura, il messaggio pronto
da leggere e interpretare… Vi fu dunque chi del villaggio,
probabilmente
dotato più di altri di spirito di iniziativa e di presenza di
spirito,
telefonò cortesemente all’osservatorio, facendo notare che,
nonostante
quello che riportava il rapporto – effettivamente inequivocabile -
apposto
nella bacheca al centro del paese, lui ed altri del villaggio
ritenevano
che tutta quella neve e quel freddo non sarebbero giunti, dacché
più che la previsione scientifica dei computers e dei similari
marchingegni
ultramoderni, non vi erano altri segnali indicatori in tal senso.
Ebbene,
un tale dell’osservatorio, che si qualificò come il vice di
Santer,
rispose ad essi - ed anche in malo modo, come il principale insegnava…
- che ciò che il rapporto riferiva era il responso infallibile
che
gli strumenti fornivano, quindi, la certa e imminente realtà, ed
ogni altra cosa non era altro che parte di quelle innumerevoli credenze
che tosto era il tempo di debellare, definitivamente…
E così ancora: poco tempo dopo il professore annunciò l’arrivo di una imponente perturbazione che avrebbe portato pioggia forte ed anche probabili violenti temporali per parecchi giorni: i valligiani scendevano al paese, passavano dalla piccola piazzetta centrale e leggevano il bollettino affisso; guardavano la Grande Montagna in tutta la sua algida bellezza, così splendidamente illuminata dai raggi solari, e forti di un antico proverbio che recitava “Il Sole bacia la montagna, le donne van per la campagna” - ovvero se la montagna risulta libera da nubi, si può andare tranquillamente a passeggiare per i sentieri – sapevano di poter smentire il sapiente professore, ed annunciarono nei propri discorsi tempo soleggiato. Così fu. Poi venne Natale, che il professor Santer annunciò mite e secco con gran stupore dei valligiani, dacché gli animali nelle stalle si dimostravano nervosi, ed il vento continuamente sbatteva contro le scure e immense pareti della Grande Montagna sollevando la polvere ghiacciata e formando sulle stesse – come su immani lavagne di nero granito - bizzarri disegni: nevicò per due interi giorni, mettendo al suolo quasi un metro di bianchissima neve, con gran gioia di tutti i bambini del villaggio! Doveva piovere poi, ed anche parecchio: poteva sussistere il pericolo di esondazioni di corsi d’acqua con relativi dissesti idrogeologici; con gran fretta e gran dispendio promozionale l’osservatorio mandò una comunicazione d’allerta a tutti i guardiani delle dighe della zona ed ai pertinenti enti, in modo da prevenire un eventuale brusco innalzamento del livello dei laghi e la pericolosa necessità di svuotare troppo repentinamente gli invasi… Fra i tanti fruitori delle previsioni dell’osservatorio v’era uno di quei guardiani, nativo del villaggio ma lontano da esso da qualche anno dacché custode di un impianto idroelettrico ubicato in un’altra zona della catena montuosa; allarmato da quell’altisonante comunicato che pareva contener già tra le righe il dramma dell’inevitabile, ma conoscendo un buon sistema per realmente verificare l’esattezza dell’annuncio, fece una telefonata al fratello, lassù al villaggio ai piedi della Grande Montagna. Costui altro non fece che riferire ciò che poteva osservare al di fuori della finestra di casa propria, ovvero la bellezza colorata dei molti fiori decisamente rivolti verso il Sole, le laboriose formiche in marcia per lunghe colonne a caccia di cibo ed i falchetti volare veloci disegnando mirabili arabeschi d’aria nell’arco celestino, e lo tranquillizzò; e così tranquillo restò quel guardiano, annunciando quelle buone novelle “caserecce” ai colleghi delle altre dighe. Piovve, sì, per non più d’un paio d’ore, poi il Sole splendette per diversi giorni… Il professor Santer – esimio e rispettato luminare direttore dell’osservatorio meteorologico sopra il villaggio della Grande Montagna - esecrava quei maledetti montanari, che con apparente e inspiegabile semplicità si prendevano sì beffe di lui, e al villaggio si vociferava che al recapito postale dell’osservatorio cominciavano a giungere missive di alcuni dei potenziali fruitori delle previsioni meteorologiche diradate – in particolare di quelli che basavano sul benevolo comportamento del meteo le loro attività lavorative e non - i quali già prendevano a dubitare fortemente dell’infallibilità di quella infallibile tecnologia… Ed egli, la sera, nel tornare dall’osservatorio verso la villa che abitava in paese con il solito rombante e maleodorante fuoristrada, doveva persino sorbirsi le prime risatine di scherno dei vecchi valligiani che quotidianamente chiacchieravano seduti sui vari tronchi d’albero che – torniti da artistiche mani artigianali - fungevano da panchine nella piazza centrale, ormai non più velati beffeggi frutto della sottile vendetta che i montanari, in forza di quell’antica alleanza tra la Natura, la Grande Montagna ed i suoi abitanti, stavano lentamente e costantemente ordendo… E pure i bambini prendevano ormai per bersaglio dei loro più beffardi giochi lo scienziato inquieto, infilando ben bene dei piccoli rametti secchi nei buchi delle serrature della villa del professore, il quale giunse un giorno persino a chiamare per ciò le Forze dell’Ordine – con inevitabili spallucce e risate pure da essi… Quindici
di
Giugno, tempo stabilmente sereno – senza alcun dubbio, secondo il
professor
Santer, eppure le lumache procedevano nervose e spedite per i sentieri:
anche i più piccoli del villaggio sapevano che ciò era un
inequivocabile segno di prossima pioggia. Piovve per bene, e grazie
all’acqua
copiosa caduta dal cielo i prati assunsero un colore verde talmente
brillante
che difficilmente così si era visto, tanto da parer che il
villaggio
si fosse circondato da un immenso mantello di lucidissimo velluto
virente…
Sempre
più
adirato con quegli zotici pastori creduloni, il professore
pluri-osannato,
mostrava i primi segni di cedimento nervoso, accresciuti dal fatto che
alcune comitive scolastiche in visita al super-tecnologico osservatorio
da lui ideato e diretto – e che i suoi collaboratori presentavano ai
piccoli
studenti quasi fosse una base spaziale ubicata su un lontano pianeta -
sembravano in realtà più interessate e divertite
dall’opera
allegra dei montanari che, sui verdissimi prati e per i rigogliosi
boschi,
portavano le mandrie al pascolo, curavano le falciature, s’impegnavano
nella raccolta di erbe, fiori ed altri frutti della Natura; e sembrava
che già i giovani visitatori comprendessero come quei valligiani
così laboriosi e pittoreschi - che forse sapevano a malapena
cosa
fosse un satellite artificiale – detenevano nei loro semplici gesti e
nelle
pacate parole il segreto per l’accesso a così tante bellezze e a
tanti misteri del luogo, sapendo anche prevedere con precisione che
tempo
ci sarebbe stato l’indomani mattina o nel prossimo futuro. Di
certo,
quei probabili segni di cedimento nell’equilibrio psicologico e
scientifico
del luminare venivano anche – ed anzi, soprattutto – dagli ora non
lontani
timori che il suo super-retribuito centro di osservazioni potesse
vedere
i propri finanziamenti involarsi per altri lidi, magari verso istituti
similari in quel momento più attendibili e certo rivestiti da
una
migliore immagine di merito… Maledetti montanari, causa delle
dolorose
insonnie dello scienziato-meteorologo! Ma la tecnologia
trionferà
sulla stolta creduloneria popolare – egli si diceva - eh! se
trionferà!…
Fine
Agosto,
nuovamente previste nevicate anticipate sul normale inizio di tali
fenomeni,
ma nessun bambino del villaggio preparò la sera i propri
scarponi
invernali per gioiosamente correre a calpestare i previsti
bianchi
prati innevati: non vi poteva essere dubbio, i fili delle ragnatele
sugli
angoli delle case erano piuttosto sciolti, segno di probabile
stabilità
del tempo… Non serve dare la risposta su come si presentò
il cielo nei giorni seguenti, ma casomai serve invece far giungere un
pensiero
di solidarietà al ragno che, spensierato, tesseva la tela giusto
sotto le travi del tetto della villa del professor Santer – e assai
bene
in vista, così preciso nei suoi presagi meteorologici - il ragno
- ma così triste per non essere assolutamente considerato dal
padrone
di casa…
La casistica in tal senso divenne, con il passare del tempo, veramente cospicua. Cospicue furono anche le spese che il professor Santer dovette sostenere per la riparazione del tetto della propria abitazione al villaggio, danneggiato durante un fortissimo temporale che il caso volle avvenuto in un giorno di tempo “sereno o poco nuvoloso, visibilità buona, temperature piuttosto miti e venti deboli da Ovest”! Assolutamente
divertente sarebbe, ma rischiosamente noioso - nonché piuttosto
scontato nei risultati - narrare la cronaca delle successive pugne
meteorologiche
tra i montanari del villaggio ai piedi della Grande Montagna e
l’eminente
scienziato direttore del futuristico osservatorio.
(Calolziocorte,
03 Marzo 2001)
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