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La matematica è la vita degli Dei.
(Novalis, 1772-1801)
E’ del tutto ovvio, e dunque sostanzialmente
vano,
ricordare come si è giunti al momento che qui si descrive.
Certo, si può dire
che l’origine prima di tale momento avvenne quando il genere umano, nel
protendere il proprio sguardo verso il futuro, in quel costante cammino
che
dalla notte dei tempi mosse sempre più rapido, sempre più
annullando il
presente per far che ogni istante divenisse subito passato, si rese
conto di
poter vedere, di quell’orizzonte venturo, il limite massimo, la
curvatura
terminale dalla quale ogni cosa cominciava a muoversi a lato o tornare
indietro, comunque non più proseguendo.
E sempre da quella notte dei tempi, quando
l’intelletto umano elaborò la prima nozione circa la
possibilità della propria
evoluzione, e sempre presumibilmente migliore, verso quel limite
assoluto lo
sguardo ha puntato: come gli esploratori preistorici che solcavano i
mari con
le proprie arcaiche navi con gli occhi fissi all’orizzonte, in attesa
della
linea prima sottile e vaga e poi sempre più definita, più
voluminosa che
segnalava la meta, la nuova terra raggiunta, il nuovo limite; poi,
secoli dopo,
come i primi navigatori stellari con le proprie primitive cosmonavi
lanciate
nel nulla siderale fino a che un lontano punto luminoso, avvicinandosi,
dimostrasse di non essere un’altra stella ma, finalmente, un nuovo
pianeta, un
nuovo mondo, il nuovo limite fino al quale l’uomo era riuscito a
giungere…
Ma non solo il viaggio è stato sinonimo, nella
storia umana, di raggiungimento d’un nuovo limite: l’uomo ha saputo nel
tempo,
e restando coi piedi ben saldi sulla propria nativa terra, viaggiare
forse
oltre ogni limite fisico e spaziale, esplorare le incommensurabili
rotte della
tecnologia e soprattutto, molto di più, della scienza,
elaborando teorie che
sprofondavano ogni giorno maggiormente fino al cuore di ogni segreto
naturale e
universale, rivelandolo, mutandolo in nuova conoscenza, nuova
verità. Una sorta
di viaggio dentro la propria realtà, verso l’assoluta
tangibilità del mondo,
con il quale si percorrevano distanze certo virtuali ma sovente ben
più grandi
di quelle che le sempre più potenti astronavi potevano
affrontare… Mille e
mille nuovi mondi gli equipaggi di queste navi avevano raggiunto,
esplorato e
conosciuto, ma sempre pochi in confronto ai tanti mondi
entro cui si racchiudevano grandi verità finalmente
raggiunte, svelate e comprese, mondi spesso più incredibili di
quelli dispersi
nello spazio profondo su cui erano atterrate le navi terrestri, mondi a
volte ultimi, finali, come simili
pianeti posti sulla curvatura esterna
dell’Universo oltre i quali, per certe direzioni, non si poteva dunque
proseguire su una ipotetica rotta costantemente retta ma solo
ugualmente curvare… Si era ad un limite assoluto;
oltre non si andava, nuove eventuali prosecuzioni erano da trovare
altrove…
Tuttavia, il cammino era proseguito, andando oltre
quei limiti in sé finali, trovando quelle prosecuzioni, come
lungo una via che,
percorrendone lo spazio lungo il tempo, affinasse il percorso verso una
meta
finale veramente assoluta, superando deviazioni verso altri limiti
finali – in
sé, e per ciò appunto parziali, nel senso sostanziale: in
essi si fissava la
definitiva verità della loro realtà, ma strada ve n’era
ancora da fare, e
inevitabilmente lo sguardo dell’uomo nuovamente si rivolgeva verso l’oltre, in quell’impulso primordiale
grazie al quale aveva generato l’intera storia della propria
civiltà.
Certo, fu una storia ricolma di ostacoli, di
difficoltà, di sciagure: l’uomo, insieme a quell’impulso alla
conoscenza
finale, non ha mai saputo disfarsi dell’impulso opposto, alla violenza,
alla
sopraffazione dei suoi simili e del mondo d’intorno. Troppe volte ha
rischiato
di non conoscere più alcun futuro, troppe volte ha sottovalutato
la propria
stupidità, nascondendola dietro la propria genia come si
nasconde un fiore
appassito dietro una selva di bulbi rigogliosi, senza capire che in tal
modo
non si è mai eliminato il problema, lo si è solo reso
invisibile, agli altri
come, assurdamente, a sé stesso… Fortunatamente, le distruzioni
e le
devastazioni – non solo materiali ma anche morali, più gravi… -
che hanno più
volte nei secoli sfregiato il mondo non annientarono del tutto
l’intellettualità umana, ovvero la capacità di ripartire
e di superare, in un
periodo sempre più breve, il potenziale punto di non ritorno
raggiunto, in tal
modo permettendo agli uomini di ritornare a camminare su quella via
protesa
verso il futuro, e a pochi di essi ad escogitare e preparare il
successivo
nuovo inizio, quando la parte opposta e stolta della mente umana avesse
nuovamente tentato di cancellare ogni cosa… In fondo, questa è
una verità che
già millenni e millenni or sono alcune antiche popolazioni
avevano postulato:
la continua caduta e rinascita del genere umano per più volte, e
ad ogni nuova
era compiendo qualche passo in più verso quel limite assoluto e
finale di cui
si è detto in principio. Ora, il momento in cui il limite stava
per essere
raggiunto era ormai prossimo a diventare il presente.
Già dal XXVI secolo le solide basi di
questo
traguardo erano state poste: il rifiorire planetario della ricerca
matematica,
sviluppatasi a livelli supremi e interdisciplinari, permise
l’armonizzazione di
gran parte delle strutture algoritmiche matematiche che illustravano
molte
realtà scientifiche conosciute; la successiva ricerca che da tal
punto prese
origine, nella quale si impegnarono le più grandi menti
dell’intero pianeta,
permise di ottimizzare le sequenze logiche in gioco e di disporle in
una sorta
di percorso evolutivo piramidale, la cui continua implementazione
avvicinava
ogni giorno di più il vertice. L’obiettivo che in breve fu
chiaro, e comune,
ovvero la punta suprema di quella piramide, era la generazione di un
algoritmo
matematico finale, nella cui
struttura vi si potesse compendiare nel modo più totale
possibile la realtà
universale, l’intero scibile umano, il tutto: una sorta di teorema Zero da cui ne derivasse qualsiasi
altro, svelato il quale nulla più alla mente umana poteva
rimanere segreto.
La disquisizione scientifica verso quello che fu
denominato l’Algoritmo Finale si
sparse da subito ovunque, coinvolgendo in breve l’intera
comunità scientifica
mondiale: per due lunghi secoli, fino al momento attuale, è
proseguita fremente,
vibrante, costante. Vi fu addirittura chi parlò di un nuovo
Rinascimento
culturale per il genere umano, per come pareva che l’intera
umanità ne fosse
coinvolta: matematici e uomini di scienza osannati come grandi star,
grandi
masse popolari che se ne facevano attrarre come da glorificati
personaggio
dello spettacolo, la moda e il costume che si faceva contagiare dalla
grande
ricerca in corso… Mai, nella storia dell’uomo, una pur grande
rivoluzione
sembrava poter essere paragonata a quella imminente, scientifica o
umanistica: la Terra
attorno al Sole e non
viceversa del XV secolo, il rinnovamento razionale del XXI secolo che
finalmente chiuse l’ombrosa epoca dei domini ideologici di stampo
religioso, i
motori a curvatura spazio-temporale per i grandi viaggi spaziali e le
metodologie mediche di allungamento della vita del XXII secolo o
quant’altro di
ugualmente rivoluzionario… Niente sembrava raggiungere, nel valore
potenziale,
la meta verso cui il genere umano stava mirando, e ciò non
casualmente, non
senza motivo o per mera suggestione di massa: sembrò per tutti,
fin da quando
la ricerca prese a strutturarsi in maniera logica e organizzata e
proseguì con
crescente interesse e partecipazione scientifica, che quella meta da
raggiungere contenesse in sé in qualcosa di supremo, di enorme,
di massimo… Un
presagio per i più inconscio, per pochi altri sempre più
palese, che diveniva
col tempo una certezza inconfutabile, come quando una certa brezza che
soffia
tesa e vibrante segnala senza dubbio alcuno l’arrivo di un temporale,
per la
cui comprensione superficiale non c’è bisogno che di un semplice
istinto – il
tutto, ovviamente, su scala immensamente più grande e
importante; la
risoluzione di quell’Algoritmo Finale
sarebbe stato un evento ben più che rivoluzionario, ben
più che semplicemente
storico: avrebbe cambiato il mondo intero, ogni cosa, le future
cronache di
storia non ne avrebbero parlato come di una data, pur basilare, tra
tante, ma
probabilmente una nuova storia,
addirittura, da quell’evento, sarebbe nata, superiore al punto da non
dover più
nemmeno considerare quella passata, come fosse un qualcosa di
sostanzialmente
trascurabile…
Certo, a questo presagio contribuirono molto quegli
studiosi di materie umanistiche che, pur nella secolare inesistenza di
strutturazioni ideologiche di matrice religiosa e teologica, e forse
più per
far colpo sull’opinione pubblica con un’immagine sempre ad effetto,
avevano
dichiarato che la risoluzione dell’Algoritmo
Finale avrebbe svelato dio, dio
in persona, se così si può dire; e pure i più
razionalistici scienziati
impegnati nella ricerca, ad una ipotesi del genere, ovviamente non
potevano
rimanere insensibili… E’ inutile rimarcarlo: “dio”, ovvero un ideale
supremo e
sovrumano posto al di sopra di ogni
cosa, non mancò mai di rappresentare una meta per
l’umanità, e da quando cessò
di esserlo in chiave religiosa lo divenne in quella scientifica, come
idea
primigenia e finale di vita, perseverandone dunque una credenza
fideistica di
natura diversa rispetto a quella di secoli addietro e pur in certi casi
ancora
forte, ancora ammaliante, resistente alle evidenze della realtà
razionale
dacché sovente confusa in quegli impulsi “primitivi” e
umanisticamente
grossolani che molte menti umane non riuscivano completamente a
dominare…
L’”uomo come dio”, in buona sostanza, ovvero l’uomo/dio, l’essere
supremo,
capace di dominare ogni realtà dell’Universo dacché
dotato della sua conoscenza
e comprensione: a prescindere da qualsivoglia chiave di lettura
manifestatasi
nella storia umana, in fondo non fu da sempre questo, e
inevitabilmente, il
fine ultimo dell’evoluzione dell’uomo, fino da quella notte ancestrale
in cui
lo sguardo primitivo rivolto al cielo e illuminato dalla rifulgenza
stellare
elaborò il concetto di “divino”, ritrovandolo in quelle sublimi,
inarrivabili
luminosità? Dotarsi di quella luce,
ovvero di luce propria e non più vivere di luce riflessa, dunque
porsi al
centro del grande mistero della vita, finalmente svelandolo e quindi
svelando
ogni cosa che da esso ineluttabilmente si genera: in effetti non c’era
nulla di
trascendentale in ciò, ovvero di antiscientifico, anzi! C’era la
razionalità al
massimo grado, la meta finale anche e soprattutto per qualsiasi scienza
che
voglia e debba sempre protendersi verso l’avanti, verso la
verità della verità,
per ciò perseguendo il proprio naturale scopo… E in ogni caso,
anche
considerando la questione nel modo più banale possibile,
suggestionandosi come
essa quasi obbligava, il pensiero che l’umanità fosse ormai
giunta ad un passo
da “dio” smuoveva la fantasia anche dell’individuo più ottuso e
apatico, e un
brivido comune percorreva la schiena di miliardi di uomini,
un’eccitazione
collettiva, come quando si venga messi davanti ad un grande e
misterioso
regalo, il cui involucro infiocchettato si stia finalmente per aprire
nella
speranza di trovarvi dentro la cosa più desiderata in assoluto…
Due secoli, dunque, fino ad oggi, nuvolosa e
un poco
grigia giornata di Novembre 2795, eppure luminosissima e già
imperitura: è
stato organizzato un grande congresso, le più splendide menti
scientifiche si
ritrovano e riuniscono qui, in questo nuovissimo edificio costruito per
l’occasione, non a caso in forma di piramide alta diverse centinaia di
metri,
il vertice che pare sprofondare nel cielo. Al centro gli uomini di
scienza, poi
gli amministratori pubblici di tutto il mondo, circondati da un fitto
cordone
di corrispondenti dei media d’informazione, e infine, tutto intorno,
sulle
tribune dell’anfiteatro, una folla strabocchevole che non vuole e non
può non
vivere l’emozione del momento… E tanta altra gente al di fuori, una
folla
sterminata giunta qui da ogni parte del pianeta che non ha potuto
entrare
all’interno, e che sta dando vita ad una sorta di immenso happening umano, una festa, una celebrazione che
ha un che di ancestrale nella sua pur incredibile entropia, ma
tant’è: il
momento lo merita, è “un momento solenne” come si diceva una
volta, con antica
retorica…
Nel vastissimo spazio vuoto interno alla piramide
scintillante, il grande ologramma luminoso presenta già la
strutturazione
matematica ultima dell’Algoritmo Finale,
in fondo alla quale il segno uguale avrà tra poco finalmente un
seguito, una
risposta, al momento ancora sconosciuta: per accordo generale, si
è voluto
lasciare a questo momento la risoluzione, di modo che l’intera
umanità
presente, nello stesso istante, possa conoscerla, in modo forse molto
spettacolare, teatrale, ma altrettanto suggestivo. Tutti osservano la
sequenza
numerica, la struttura delle formule che legano l’uno all’altro i vari
passaggi
fino in fondo, allo spazio vuoto che tra breve verrà occupato
dalla soluzione:
in quell’algoritmo vi sono compendiate le basi fondamentali della
conoscenza
umana, lo spazio, il tempo, l’origine dell’Universo, le leggi della
vita, della
fisica terrestre e spaziale, della chimica primaria, finalmente
congiunte l’una
all’altra dal collante matematico e
dai suoi segni algebrici, tra insiemi, funzioni, variabili fisse e
costanti
determinate – da lassù, in alto, scendendo a cascata nella
sequenza numerica
distintamente luminosa e appena tremolante, come se già si
dotasse di una vita
propria, fino al grande segno =, che sovrasta la folla come un
inopinato, nuovo
astro solare, dal quale quella folla si aspetta una meravigliosa nuova
luce e
un calore mai provato fin ad ora… E tutti i presenti, qui ed in ogni
altra
parte del globo ove giungano le immagini e le emozioni del momento, tra
innumerevoli altre folle radunate in tante città – non che lo si
possa dire con
certezza, ma è alquanto facile ipotizzarlo – si stanno
chiedendo, in sé stessi
o ai propri più prossimi vicini: quella soluzione finale
sarà veramente dio? La conosceremo, la
sveleremo –
ovvero: saremo anche noi, noi esseri umani, dio?
E cosa succederà, dopo?
E’ quasi mezzogiorno, ora prescelta per azionare il
sistema di calcolo e svelare la soluzione. Fuori, le nubi grigiastre si
sono
ammassate l’un l’altra, alcune gocce di pioggia cominciano a cadere, ma
l’enorme folla sembra non farci caso, “impermeabilizzata” dall’emozione
dell’attesa, anche quando, rapidamente, le poche gocce diventano
pioggia via
via sempre più fitta e intensa e quindi forte acquazzone; se non
altro, sullo
sfondo di quel cielo, le cifre olografiche che scandiscono il
trascorrere dei
minuti e dei secondi al di sopra della folla si vedono meglio, sono
più
luminose, e possono così ancor più elettrizzare la grande
massa umana…
Dentro l’immenso palazzo si stanno esaurendo i
discorsi ufficiali, tutti insolitamente concisi, come se nessuno, pure
il
politico per consuetudine più prolisso, voglia rubare un solo
attimo al momento
stabilito e decisivo. Chissà se quei pochi, rari critici che
hanno avuto da
dire su questo grande evento, potessero parlare ora, cosa direbbero
ancora… E’
ovvio, da sempre ogni opera umana, anche la più unanimemente
condivisa, ha
sempre dovuto sopportare poche o tante voci avverse, e questa, che si
preannuncia come la più grande tra le grandi, ha dunque visto
levarsi alcuni
dissensi, più o meno argomentati, provenienti da fonti
altrettanto insigni
ovvero insignificanti; invero un numero esiguo, nel concorde ed
emozionale
assenso planetario che ha preceduto questo giorno, ha cercato di
introdurvi un
qualche seme di dubbio: “L’uomo, così fallace, non sarà
mai onnipotente!”,
oppure “La scienza supererà i propri limiti e cadrà nel
vuoto!”, ed ancora “Dio
non esiste, l’uomo si annullerà!” ovvero, in una versione
leggermente diversa
“Non esiste un dio che si faccia raggiungere da un uomo!” e poche
altre, come
detto, che la indiscutibile libertà di espressione ha permesso
di raccogliere
sul fondo del tempo sul cui piano avanza la civiltà, retaggio di
pensieri
obsoleti e di rigide e per certi versi troppo diffidenti
razionalità… Eppure
anche tanti filosofi, tra i pensatori da sempre i più razionali,
che vivono in
eterno sul dubbio e sulla relatività di ogni verità, di
fronte all’Algoritmo Finale hanno dato il proprio
assenso, forse certi che dopo di esso, nell’era nuova che si
genererà, un campo
ancor più vasto su cui spandere la propria indagine filosofica
nascerà… Che direbbero
dunque, ora, quegli scettici, di fronte al mondo intero in attesa del
brillìo
meraviglioso con cui la soluzione dell’algoritmo illuminerà
tutti i presenti e
il mondo stesso? Riuscirebbe il loro dubbio a mantenere la necessaria
forza
critica per manifestarsi ed essere comunicato, a questa immensa platea?
Pochi secondi a mezzogiorno.
Il grande scienziato,
uno degli intellettuali più grandi e considerati del nostro
tempo, prescelto
dai colleghi per essere colui che avvierà il meccanismo
matematico risolutivo,
sale lentamente i pochi scalini verso il palco posto esattamente al
centro
della piramide, sulla verticale del suo vertice e dell’enorme ologramma
luminoso. Lo seguono frenetici i corrispondenti mediatici – immortalare
quest’attimo vale ben più di una carriera… - e, come se fusi in
un corpo solo,
tutti i presenti, nessuno escluso, ruotando leggermente la testa e gli
occhi
per seguire l’incedere ascendente del grande scienziato: il suo solito
contegno, con cui denota il proprio insigne blasone scientifico,
è oggi
certamente e grandemente accresciuto dalla solennità del momento…
E’ l’ora, scandita da un segnale luminoso che
illumina d’una luce soffusa e insieme possente l’interno… Un silenzio
assoluto
cala sulla grande vastità popolata, interna ed esterna, dove
tuttavia
l’acquazzone nel frattempo divenuto temporale rumoreggia coi propri
tuoni sulla
folla insensibile: oggi l’emozione e l’eccitazione vince qualsiasi
intemperie…
Il grande scienziato rimane per qualche istante
immobile sul piccolo palco; osserva appena intorno a sé, come
per raccogliere
l’ultimo assenso dalla moltitudine di fronte, la sua figura illuminata
dall’ologramma sovrastante, e che si alona bizzarramente d’una luce
verdognola…
Alza la mano destra in alto: il sensore capta il
movimento, è l’avvio della sequenza risolutiva!
Gli occhi si alzano istantaneamente e all’unisono
verso l’alto…
L’intero ologramma prende a pulsare, come si stesse
trasformando in un inaudito cuore elettronico, che pulsa la nuova vita
del
mondo… Un globo di luce lo percorre, dall’alto verso il basso,
risolvendone
ogni passaggio, avvicinandosi al grande segno “=” che pulsa sempre di
più,
sempre più forte…
…Sempre più forte, quasi abbagliante… Sta per
apparire la soluzione! – La nuova era di questo mondo, la nuova era
dell’umanità!… La sovrumanità!… - ecco, il globo luminoso
ha superato il segno
“=”, assume una forma, dei segni!…
...Ecco! – finalmente!… La soluz… - …
…
…
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L’unica giustificazione possibile per Dio
è che non esiste.
(Albert Camus, 1913-1960)
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